02. Monographs on Alexander, 2.03 Strategy and Battles, Alexander - Non Fiction Book, Reviews

Recensione: “Alessandro al bivio. I Macedoni tra Europa, Asia e Cartagine” di Lorenzo Braccesi

SONO FELICE DI DIRVI CHE UNA VERSIONE APPOSITAMENTE ADATTATA è STATA PUBBLICATA SU Karanos. Bulletin of Ancient Macedonian Studies ed è disponibile a questo link

ENGLISH BOOK REVIEW: HERE.

Buongiorno a tutti sono Elena e vi ringrazio di essere su Alessandro III di Macedonia: blog su Alessandro Magno e l’Ellenismo. Oggi vi parlo della mia bellissima (anche se è riduttivo), lettura:

Alessandro al bivio. I Macedoni tra Europa, Asia e Cartagine

di Lorenzo Braccesi

Roma, Salerno Editrice, 2020

ISBN: 978-8869735349, 232 pp.

E se Alessandro fosse arrivato a Cartagine?
Se i Macedoni avessero oltrepassato il canale d’Otranto e, con Annibale, un secolo dopo, si fossero diretti verso Roma?
La storia non si fa con i “se”, eppure è concretamente esistita la possibilità che Alessandro avanzasse contro Cartagine prima di dirigersi a Oriente. Lo dimostra in questo libro Lorenzo Braccesi, tra i massimi storici dell’antichità.
L’autore indaga l’espansione macedone con una nuova chiave di lettura: quella di un circolare progetto di conquista, che viene qui inteso come il sogno di Filippo di allargarsi allo spazio mediterraneo. Tale padre, tale figlio dunque. Le gesta dei Macedoni – indomabile popolo di stirpe greca, originario di un piccolo territorio periferico dell’area balcanica – vengono intese come un’unica grandiosa impresa durata due secoli.
Dalla Macedonia comincia dunque la conquista del mondo, che avrebbe dovuto cingere sotto un unico dominio i Balcani e, attraverso il controllo dei canali adriatici ed ellespontici, l’Asia, l’Europa e Cartagine. Il grande sogno nasce con Filippo, sarebbe diventato il bivio di Alessandro e dei suoi successori.

Lorenzo Braccesi, storico e saggista, è stato professore ordinario di Storia greca nelle Università di Torino, Venezia e Padova.
Per la Salerno Editrice ha pubblicato Livia (2016), Zenobia l’ultima regina d’Oriente. L’assedio di Palmira e lo scontro con Roma (2017), e Olimpiade regina di Macedonia. La madre di Alessandro Magno (2019). Il suo ultimo libro è Arrivano i barbari. Le guerre persiane tra poesia e memoria
(Roma-Bari 2020).

INDICE:

INTRODUZIONE 7

I. PRIMA DI FILIPPO
1. Tra due Alessandri 9
2. Alessandro il Filelleno e la politica dell’ambiguità 9
3. Archelao e l’ellenizzazione accelerata 13
4. La crisi, l’espansionismo in Tessaglia e l’ingerenza di Tebe 17

II. DAL REGNO DI MACEDONIA AL MONARCATO DI EUROPA
1. Un regno accerchiato 21
2. L’assoggettamento dei Peoni e la vittoria sugli Illiri 24
3. Olimpiade, il Molosso e l’Epiro 28
4. L’accumulo di metallo monetabile 31
5. Dall’Egeo al Danubio 34
6. Il processo di ellenizzazione 37
7. Il predominio in Grecia 41
8. Dalla Macedonia all’Europa 47

III. AL DI LÀ DELL’EUROPA, IL DISEGNO INTERROTTO
1. Una testa di ponte oltre l’Adriatico? 54
2. La via di transito per il Mar Nero 57
3. Il dissidio tra padre e figlio 59
4. Un matrimonio e un regicidio 61
5. Quale il mandante? 66
6. L’ambiguità di Alessandro 72
7. Padre e figlio, l’inaspettata commemorazione 76

IV. IL MOLOSSO IN OCCIDENTE
1. Alessandro e i mari dell’Occidente 78
2. La spedizione del Molosso 81
3. L’ambiguo comportamento di Arpalo 85
4. I nuovi equilibri territoriali 87
5. La disfatta e la morte del Molosso 91
6. Alessandro e l’obiettivo delle spedizioni del Molosso 94

V. LA SPEDIZIONE NELL’ORIENTE MEDITERRANEO
1. Alessandro successore di Filippo 97
2. La battaglia del Grànico 100
3. La battaglia di Isso 103
4. L’assedio di Tiro 106

VI. ALESSANDRO AL BIVIO
1. Quale il disegno? 112
2. La molteplicità di conferme 115
3. La proiezione futura 118
4. Le trattative di pace 122
5. La consacrazione a prole divina 125

VII. DALLA CIRCOLARITÀ MEDITERRANEA ALLA SPAZIALITÀ ASIATICA
1. La battaglia di Gaugàmela 132
2. Il successore degli Achemenidi 136
3. Il nuovo corso 139
4. La marcia nel cuore dell’Oriente 142
5. La campagna indiana 144
6. L’arrivo nell’oceano 149

VIII. LO SLANCIO ECUMENICO E L’EREDITÀ CULTURALE
1. Le nozze di Susa 153
2. I messaggi alla grecità 157
3. La morte fulminea 162
4. L’eredità culturale 165

IX. DOPO ALESSANDRO: DA UN FILIPPO ALL’ALTRO
1. I due re 168
2. La Macedonia dagli Antipatridi agli Antigonidi 173
3. Corcira, l’isola contesa 182
4. L’Illiria, Roma, la Macedonia e Cartagine 191

X. LA PROSPETTIVA CAPOVOLTA
1. Circolarità mediterranee 196
2. L’intesa tra la Macedonia e Cartagine 197
3. L’indugio e il logoramento 201
4. Annibale dall’uno all’altro versante della penisola 204
5. Una giustificazione e un epilogo 209

BIBLIOGRAFIA 215

INDICI
Indice dei nomi 225

Classificazione: 5 su 5.

Reading time: dal 22 al 31 ottobre 2022.

Non sono molti i saggi che mi entusiasmano così tanto e che mi lasciano quella sensazione di aver conosciuto qualcosa di nuovo ma questo libro è stato una scoperta incredibile.

Nell’Introduzione il prof. Braccesi ci spiega che questo libro parla della storia dei Macedoni e di Filippo e Alessandro in particolare ma non si fermerà con loro perché ci parlerà della storia della Macedonia quando è egemone ma anche quando non lo è più e lo sono invece Cartagine e Roma. Le due idee chiave sono che Filippo mirasse al controllo degli Stretti, non solo a Est ma anche a Ovest e che Alessandro avrebbe voluto scontrarsi con Cartagine per il controllo del Mediterraneo. Con queste promettenti premesse passiamo al primo capitolo Prima di Filippo che si focalizza sulla storia della Macedonia fino al 359 a.C. Secondo i greci si racchiude tra due Alessandri, il primo è il Filelleno, primo sovrano macedone di cui c’è traccia nella storiografia greca, e l’altro è il nostro Alessandro, vennero entrambi disprezzati dagli oratori ateniesi. Quello che si ricava è che nella storia macedone leggendo le vicissitudini del Filelleno, di suo figlio Archelao, di Aminta III e del figlio Alessandro II fino a Perdicca III, è che era consuetudine pressoché di tutti salvo rare eccezioni di adottare la politica del doppio binario, di instaurare un’alleanza con una città per poi romperla e allearsi con i nemici di essa e che l’aristocrazia macedone è sempre stata refrattaria ad acquisire la spiritualità greca (9-20).

Il titolo del secondo capitolo, Dal regno di Macedonia al monarcato di Europa, ci lascia già capire quanto Filippo II abbia cambiato in modo profondo la storia della Macedonia attraverso guerre e diplomazia, acutezza e ingegno. Filippo fece diventare la Macedonia dalla periferia semibarbara della Grecia alla potenza egemone che ne esporterà la cultura nell’Europa balcanica e col figlio nel mondo mediterraneo anche in Asia. Braccesi appunta inoltre che lo storico di Filippo Teopompo scrisse le sue gesta in 58 libri, al tempo di Diodoro ne furono andati perduti cinque ma fu comunque più fortunato di noi perché non ce n’è arrivato nemmeno uno. Vengono poi spiegate le straordinarie abilità strategiche e belliche di Filippo, certamente derivate dagli anni trascorsi a Tebe, acutezza che adottò anche nei matrimoni per ragioni diplomatiche oppure per la continuità dinastica. Braccesi fa poi un bel approfondimento su Olimpiade e ricordiamo il suo libro Olimpiade regina di Macedonia. La madre di Alessandro Magno sempre pubblicato da Salerno Editrice nel 2019, spiega le ragioni che spinsero Filippo a sposarla. Olimpiade la conosciamo con questo nome perché Filippo volle sprovincializzare, come il Filelleno, gli agoni panellenici prestigiosi per il mondo greco, però è anche analizzato l’Epiro.

A pagina 30 c’è una frase molto bella che racchiude l’essenza di Olimpiade:

Per un figlio la cui vicenda terrena ne segnerà l’apice dell’esistenza, la delirante caduta e l’ansiosa sete di vendetta. Mentre l’ombra del fratello – ucciso in battaglia e restituito smembrato al nido familiare – l’accompagnerà come malefico presagio anche quando si esalterà per l’aureola sacra che pare avvolgere il figlio Alessandro che ella reputa immortale. Altra però sarà la propria aureola.

L’autore non manca di dirci come e fino a che punto gli interessi dei genitori del grande Alessandro convergessero oppure no. La Macedonia di Filippo II divenne uno stato autonomo e il primo stato territoriale d’Europa, potente e ricco con un esercito potente e fu la più antica definizione di Europa politica. Filippo scisse i suoi ruoli tra la persona Filippo, della sua forza politica e potenza economica e lo stato del regno macedone. Un interesse comune dei genitori di Alessandro fu proprio nel figlio che ebbe “premature doti di multiforme ingegno” (38) e volendo sprovincializzare la Macedonia agli occhi dei greci Alessandro ebbe il meglio dell’educazione. Filippo voleva che Atene fosse la sua collaboratrice ma poi si vide costretto a usare le armi e pianificò una vendetta contro la Persia e in Occidente la liberazione della Magna Grecia dalle popolazioni italiche.

Nel terzo capitolo, Al di là dell’Europa, il disegno interrotto l’autore si focalizza sul progetto di Filippo della spedizione del Molosso in Italia col dominio sul canale d’Otranto e secondo l’Oxyrynchus Papyri, 865 ipotizza che egli abbia intrapreso due spedizioni, la prima quando Filippo era ancora in vita e con l’assedio di Otranto, la seconda sarebbe quella nel 334 due anni dopo la morte di Filippo. Si avrebbe così un meno nebuloso progetto di controllo sul Bosforo, i Dardanelli e le coste dell’Ellesponto per controllare il commercio marittimo. L’autore però segue cronologicamente le vicende e torna a trattare le vicende degli ultimi anni di Filippo. Nel commentare lo screzio tra Filippo e Alessandro al suo matrimonio Braccesi usa Ateneo che dipende dal frammento dalla Vita di Filippo di Satiro e ne traccia un resoconto più completo, poi spiega l’esilio di Alessandro e Olimpiade, il regicidio durante il matrimonio di Cleopatra e il Molosso con l’allestimento delle tredici statue e analizza in seguito tre ipotesi del regicidio di Filippo, definendo come più probabile quella di Olimpiade per una vendetta privata e proteggere i diritti dinastici di Alessandro (66-72). L’autore ci spiega anche come Alessandro prese le distanze da quanto successo ma come comunque fu ambiguo citando il passo della Medea e nelle domande che pose all’Oracolo di Siwah (72-76).

Nel quarto capitolo, Il Molosso in Occidente, vi è una ricostruzione dei rapporti di Alessandro con i romani (78-81), la spedizione del Molosso parallela a quella di Alessandro e il primo era visto come il vittorioso secondo le fonti di Giustino e in Livio troviamo una visione a posteriori ostile. Braccesi getta nuova luce per la fuga di Arpalo nel 333 che potrebbe essere stato mandato in missione segreta dallo stesso Alessandro dubbioso nei confronti dello zio che trovò la morte (85-87). Ma perché Taranto chiese aiuto proprio al Molosso? E perché egli accettò? Perché poi Taranto lo lasciò solo? (88-91). Livio ci parla della morte del Molosso e lo descrive come un cavaliere valido, con toni drammatici ed epici (91-94) e Braccesi con i dati attraversi le fonti arriva a pensare che morì nell’inverno del 332 o nella primavera del 331 e sarebbe in sincronia con la fondazione di Alessandria d’Egitto (94). Il Molosso avrebbe avuto un piano e un compito ben precisi: controllare la Magna Grecia per arrivare in Africa e supportare Alessandro nella conquista di Cartagine (94-96). È interessante come Braccesi colleghi le spedizioni dei due Alessandri per il controllo del Mediterraneo.

Nel quinto capitolo, La spedizione nell’Oriente mediterraneo, Braccesi spiega come Alessandro si comportò alla morte del padre, poi delle battaglie del Grànico e Isso e analizza approfonditamente l’assedio di Tiro (106-111). Perché nella velocità della sua conquista asiatica perse otto mesi per questo assedio quando ad Alicarnasso demandò i suoi luogotenenti? Secondo Braccesi Tiro doveva cadere perché era la metropoli di Cartagine, Tiro sarebbe stato il passo fondamentale prima di arrivare alla città fenicia e a pag. 109 afferma:

Se l’obiettivo assegnato al Molosso era Cartagine, se la dimensione di conquista era stata (originariamente?) concepita come mediterranea, ben si comprende in tutto il suo significato l’importanza operativa e simbolica dell’espugnazione di Tiro.

Alessandro dichiarò guerra a Cartagine (Curzio Rufo IV 4,18) non riferendosi ai progetti che rimasero irrealizzati per la sua prematura morte e neanche lo fece con dieci anni d’anticipo. La spiegazione è un’altra.

Nel sesto capitolo, Alessandro al bivio, Alessandro pensava di aspettare lo zio a Paretonio (113) per muovere guerra a Cartagine ma lì avrebbe appreso della sua morte.

Ora i nodi venivano al pettine: cadeva il comune obiettivo di marciare uniti contro Cartagine e di soffocarla nella morsa di due forze congiunte dopo averla privata di aiuti fenici da parte di Tiro e – stando al piano originario – di rinforzi punici dalla Sicilia.

Indubbiamente una nuova e affascinante ricostruzione quella che abbiamo qui proposto.

Braccesi spiega poi gli argomenti a favore della sua tesi: Curzio Rufo dice che a Menfi Alessandro riceve forze in aiuto da Antipatro (III 5,19) e da Aminta (IV 6,30); a Pelusio, simmetricamente opposto a Paretonio Alessandro ricostruisce la flotta (Arriano III, 1,1); Diodoro (XVII 49,2) dice che a Paretonio Alessandro riceve trecento cavalli da guerra da Cirene (116-117). Se le cose fossero andate diversamente probabilmente Alessandro si sarebbe scontrato insieme al Molosso contro Cartagine e il Mediterraneo sarebbe diventato macedone (118). Pensiero che Alessandro continuerà ad avere e che resterà incompiuto a causa della sua morte.

La storia dei “se” è sempre sbagliata, ma, per quanto le nostre siano solo speculazioni sul non accaduto, non si sarà lontani dal vero nel congetturare che Alessandro mirasse proprio a scontrarsi con Cartagine, il cui assoggettamento avrebbe davvero coronato il progetto ecumenico di una monarchia universale. [..] Ma la cosa non stupisce, perché, già in vita, sono per Alessandro troppo angusti i confini di una singola compagine statale. Il suo eroe non è Teseo, creatore di identità municipali, bensí Eracle che libera l’universo dai mostri che l’opprimono.

Nel 324 il marsigliese Pitea fece le prime ricerche sullo spazio atlantico, probabilmente incaricato da Alessandro che riordina l’impero al ritorno dall’India per conoscere i segreti dell’oceano come Cartagine, analoga ricerca che fece Nearco per l’Indiano (120-121). Ma Alessandro muore improvvisamente.

Spesso i successori di un grande monarca riscrivono a proprio uso e consumo la storia di eventi già accaduti. Qui siamo in un caso limite, nel quale viene riscritta la storia del non accaduto. Storia che presto si tramuta in leggenda, ampliando a dismisura la gamma delle proprie valenze evocative, le quali, per ricorrenti processi di imitatio rerum gestarum, finiranno per proiettare l’immagine del condottiero nella rifrangenza emulativa di sempre nuovi conquistatori.

Da quanto abbiamo detto, unendo il prima al poi, l’eventualmente programmato al non compiuto, non ci appare priva di costrutto l’ipotesi che Alessandro, di intesa con il Molosso, avesse progettato una conquista circolare della costa meridionale del Mediterraneo, dal Bosforo a Gibilterra, ai danni della Persia e di Cartagine. Alla luce dell’inconcepibile che in effetti avvenne della marcia vittoriosa dall’Egitto all’India, impensabile per qualsiasi teorizzatore di geografie di conquista – non sorprende che i suoi storiografi abbiano codificato in forma rettilinea e già prestabilita in partenza gli obiettivi della sua campagna di guerra, cancellando ogni traccia di precedenti progetti e programmi.

Se il Molosso non fosse morto Alessandro sarebbe andato a Siwah con ben altre motivazioni, ovvero raccogliere informazioni per la guerra contro Cartagine per i legami dell’oracolo di Ammon con la potenza punica. Ma la storia andò diversamente e Alessandro volle invece rendere divina la sua conquista asiatica (122-123). Altrimenti Alessandro avrebbe probabilmente accettato le proposte di pace giunte da Dario:

Le proposte di pace erano vantaggiosissime. Alessandro le avrebbe con tutta probabilità accettate, seguendo il consiglio di Parmenione, se avesse marciato contro Cartagine insieme al Molosso, dal quale si aspettava l’assoggettamento della Sicilia punica. Ma ora, tramontato il suo primario obiettivo di espansione mediterranea, dal Bosforo a Gibilterra, è al bivio: poteva sí tornare da vincitore in Macedonia, onusto di gloria e di bottino, ma egli con tutta probabilità aveva sognato qualcosa di piú: una completa rivoluzione geopolitica di respiro mediterraneo con controllo del “limite” delle Colonne di Eracle, e quindi della via di accesso all’oceano. Il progetto, incompiuto e rimandato a tempi piú maturi, poteva essere sostituito nella sua mente inquieta e sempre inappagata con un obiettivo espansionistico di dimensioni analoghe o superiori.

Le motivazioni a posteriori sul pellegrinaggio a Siwah sono propagandistiche (125-131): per battere la via degli antenati Eracle e Perseo per presentarsi come erede legittimo dei monarchi achemenidi e successore dei faraoni; come figlio di Zeus si rivolge ai Greci e ai Macedoni dando loro un chiaro segnale politico. Alessandro è il più grande dinasta teocratico del mondo antico.

Il progetto non fu più circolare come era stato pianificato all’inizio ma ci fu l’espansione a Est che conosciamo. La teoria di Braccesi mi sembra valida perché supportata da prove e spiegherebbe molte azioni che altrimenti hanno un senso più nebbioso, come il voler ricostruire una flotta che poi non usò. Con la visione di Braccesi troviamo un Alessandro ancora più intelligente, scaltro e astuto di come lo conosciamo, capace così da giovane di ereditare un progetto del padre facendolo suo e di modificarlo adattando e anzi stravolgendolo per le circostanze obbligate in cui si trovò.

Alessandro con la morte del Molosso si trovò al bivio di dover decidere cosa fare, così passò al piano B e fece ciò per cui lo conosciamo. Ecco spiegati il titolo, il sottotitolo e l’immagine di copertina doppia di Alessandro Helios e sono quanto mai azzeccati!

Nel capitolo VII l’autore descrive nel dettaglio la battaglia di Gaugàmela e Alessandro si propose come continuatore non demolitore dell’impero persiano scontrandosi così con la “vecchia” mentalità macedone. Con l’episodio di Clito Alessandro ha i nervi scoperti perché il suo nuovo progetto poggia sull’idea della sua filiazione divina da Zeus, non a causa del vino (138). Anche gli episodi di Filota e Callistene dimostrano come Alessandro reprima nel sangue chi non voglia o possa comprenderlo. Alessandro a Ecbatana congedò i contingenti greci perché ormai le aggressioni della Persia erano vendicate ma si trovò a un altro bivio: tornare in patria che ormai era alla periferia del regno oppure estendere la conquista? (142) Sceglie ancora la seconda via e dopo la conquista Indiana fa costruire i dodici altari sulla riva dell’Ifasi, non colonne, e segnano la fine del suo sogno, del suo fallimento e testimoniano il suo grande rimpianto (147-149).

Per questa ragione, infine, non si fregiano di epigrafi commemorative. Queste sono assenti perché Alessandro non può scrive di sé ciò che avrebbe voluto scrivervi: che egli non è soltanto l’eroe invincibile, l’herōos aníkētos, ma anche il signore del mondo, cioè il kosmokrátor.
Tale sarebbe stato se non fosse stato costretto a desistere dal raggiungimento del traguardo, dal conseguimento della sua ultima meta.
[…] Ma il fatto che gli altari, donde parte la ritirata, siano dodici, e non tredici, può indurci al sospetto che egli avverta con incombente sofferenza il peso della sconfitta e, con esso, il forzato ritorno alla dimensione umana.

Alessandro desiderava vedere l’oceano indiano per arrivare ai confini del mondo come termine della conquista e a Babilonia non andò con Nearco a esplorare il “grande mare” del meridione per capire se fosse possibile circumnavigare la Libia perché era ancora deluso di aver fallito ma sempre con l’idea di arrivare a Cartagine (151-152).

Nel capitolo VIII si analizza l’ultimo periodo della vita di Alessandro e la sua eredità culturale. La sua idea di monarcato universale si sarebbe avuto solo tramite la fusione delle culture, iniziata con le nozze di Susa, ma che si compì effettivamente solo dopo la sua morte. Nel 323 mancano un assetto centralizzato e amministrativo solido e le grandi ricchezze dei generali sono un ulteriore incentivo alla disgregazione.

Il IX capitolo è sul dopo Alessandro, con le lotte tra i diadochi e l’importanza strategica dell’isola di Corcira, via obbligata tra la Grecia e la Magna Grecia e il canale di Otranto. La narrazione è focalizzata sul Mediterraneo orientale per vedere come cambiò in età ellenistica.

L’ultimo capitolo evidenzia come un secolo dopo Alessandro la Macedonia non è più egemone a discapito di Roma e Cartagine. Nel parallelo Alessandro più il Molosso contro Cartagine ora troviamo Annibale alleato con Filippo V contro Roma. Annibale uscito vincitore a Canne aspetta inutilmente rinforzi da Filippo V che non arriveranno perché i messaggeri furono intercettati dai romani, perde tempo finché sarà troppo tardi, cosa che non fece Alessandro che fulmineamente cambiò programma.

Pari è la genialità strategica di entrambi i condottieri, ma ciò che li differenzia è la capacità di sapere abbandonare un progetto, elaborato a tavolino, allorché esso, per fattori esterni, si dimostra non più attuabile. Fulminea è l’abilità decisionale del Macedone nell’invertire la rotta e nel mutare programma operativo, e ciò lo porterà a coronare un programma di conquista che dall’Egitto lo conduce in Mesopotamia, e dal corso dell’Eufrate a quello dell’Indo. Lento e faticoso sarà, viceversa, l’angoscioso travaglio del Cartaginese nel desistere da un piano di azione che finisce per avvitarsi su se stesso e nel rinunziare a battere una via che, giorno dopo giorno, si rivelava nella realtà impercorribile. […]
In quanto a Filippo V, anche se giovane come Alessandro, non ne ha né il genio né lo slancio vitale, né in altro gli assomiglia. È un sovrano in maturazione, ancora non affrancatosi dai propri interessati consiglieri. Non persegue, in proprio, forme di
imitatio Alexandri, e nulla ha in comune con il conquistatore argeade. Semmai, forse anche per omonimia, è più disponibile a fare sua l’immagine del padre, del grande Filippo, sforzandosi di riproporne, dopo oltre un secolo, uno slancio espansionistico di respiro europeo, proiettato sul controllo della regione adriatica, dall’una a all’altra sponda.

Chi legge in negativo questa tesi, ovvero che questa è una prova che Alessandro non sarebbe riuscito a vincere contro l’Occidente, è dimostrazione invece secondo me della consapevolezza di Alessandro, che altri grandi generali nella Storia non ebbero. Sì, Alessandro senza l’aiuto del Molosso non avrebbe vinto contro Cartagine, difatti ha preferito posticipare (a mai più vista la sua prematura morte) questa guerra. Sebbene Alessandro fosse appoggiato dagli alleati, Cartagine restava una potenza marittima ed egli lo capì. Cosa c’è di “piccolo” in questa consapevolezza? Ovviamente non sono obiettiva ma quest’argomentazione non mi sembra adatta per criticarlo.

È difficile che la lettura di un saggio mi entusiasmi così tanto ma Braccesi seguendo le fonti vuole riscrivere la storia, quasi come in un romanzo, in un’ucronia, ma con ragioni a supporto della sua tesi che non vedo perché non dovrebbe essere vera. Braccesi si conferma un grande studioso: la sua analisi è sempre chiara e precisa perché commenta i passi che cita e non manca di inserire riferimenti a quanto afferma.

Alessandro al bivio è un testo per il grande pubblico, perché ci narra della storia della Macedonia, dai suoi albori al massimo splendore fino alla decadenza, ma è anche un testo per i ricercatori e gli accademici perché la teoria sostenuta da Braccesi è, a mio parere, estremamente interessante e nuova e proprio per questo sono curiosa di conoscere come verrà accolta dagli specialisti.

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